Lo stravagante mondo di Noah Baumbach

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In quella che ci continuano a vendere come una delle estati italiane più calde di sempre al cinema non ci va nessuno. Niente di nuovo per il nostro Bel Paese dalle consuete sale vuote a Luglio ma forse quest’anno, più degli anni passati, il pubblico si è lasciato sfuggire qualche piccolo gioiellino. Stiamo parlando di Giovani si diventa, per gli anglofoni While we’re young, approdato nelle sale lo scorso 9 Luglio. Il regista è quel Noah Baumbach che l’anno scorso si è visto distribuire in numero di copie limitato Frances Ha con più di un anno di ritardo, quel Noah Baumbach i cui film precedenti spesso sono arrivati direttamente attraverso il mercato Home Video, quel Noah Baumbach a cui presto assegneranno qualche premio prestigioso e diventerà oggetto delle chiacchiere da bar su quanto ormai siano mainstream i film indie (Wes Anderson vi dice qualcosa?). Eppure il cineasta americano è sulla scena cinematografica già dagli anni ’90 e il suo percorso artistico è uno di quelli da non sottovalutare per spessore ed originalità.

La famiglia prima di tutto

La sua fortunata parabola tra le stelle più promettenti di Hollywood inizia nel 2005 quando, dopo tre film destinati unicamente al mercato indipendente, si fa notare con il più che apprezzato Il calamaro e la balena, quell’anno nominato a sorpresa anche all’Academy. Il modo di combaciare uno stile ancora fortemente attaccato all’estetica indie con gli elementi della commedia classica stupisce e diverte, rivelando un preciso oggetto di interesse: quello della famiglia. Nel film due genitori si separano ed insieme ai figli tentano di superare in maniera goffa l’imbarazzo e l’inadeguatezza della situazione. C’è Jeff Daniels presuntuoso scrittore e Jesse Eisenberg finto intellettuale, una colonna sonora incalzante ed un velo di malinconia; una pellicola che in maniera chirurgica colpisce il cuore di ogni tipo di pubblico, anche dei più esigenti. Possibile che l’esordio a Hollywood sia stato subito così folgorante? Bisogna ammettere che prima c’era stato un duro allenamento: Baumbach l’anno precedente aveva sceneggiato per l’amico Wes Anderson Le avventure acquatiche di Steve Zissou e per poi riprendere lo stesso ruolo anche per il successivo Fantastic Mr. Fox, entrambi casi di relazioni padre-figlio da rileggere ed analizzare.

Da regista continua a tessere il suo filo rosso con Il matrimonio di mia sorella, versione molto più autoriale di Il calamaro e la balena, dove questa volta sotto la lente di ingrandimento finiscono due sorelle. A questo punto si nota come a Baumbach interessi togliere il velo dell’ipocrisia sui rapporti interpersonali, sfruttando delle sceneggiature dai personaggi atipici in grado di fornire un forte termine di paragone rispetto alle patinate situazioni da comedy americana. Questo percorso culmina nell’ultimo Giovani si diventa dove la mancanza di un figlio determina l’invalidante mancanza di una famiglia e, tramite uno stile mai come in questo caso per il grande pubblico, ci pone davanti all’interrogativo se veramente bisogna attenersi a tutti gli step della società tradizionale per essere realizzati.

Tra muse e personaggi bizzarri

Un punto di svolta della carriera di Baumbach si può segnare con l’uscita di Lo stravagante mondo di Greenberg nel 2010. Il film riprende i tratti fondamentali del percorso dell’autore che per la prima volta, però, pone al centro della narrazione in maniera netta le personalità eccentriche dei personaggi. Ben Stiller occupa il ruolo del protagonista, quarantenne smarrito ed in piena crisi di identità, incapace di vedersi inserito in un contesto sociale, tanto annoiato e disagiato da ricordare i personaggi di Allen a cui spesso il regista viene accostato. Questo prototipo di “persona in cerca di un posto” diventerà il modello preimpostato di tutti i film a seguire che si avvarranno di una vena quanto mai malinconica ed al tempo stesso goffa incarnata nelle fattezze degli stessi attori. Se infatti Ben Stiller tornerà ad interpretare questo ruolo da eterno bambino, che ormai ci ripropone da anni, anche in Giovani si diventa, la vera nota di novità viene data dalla presenza di Greta Gerwig. L’attrice, vista per la prima volta in Lo stravagante mondo di Greenberg, diventerà musa (e moglie) del regista e di tutto il cinema indipendente con lo spiazzante Frances Ha. Il film, forse il più riuscito della filmografia di Baumbach, è una fiera di citazioni, raffinatezza e classe che vede nella sua divertente protagonista l’emblema di una generazione disorientata dalla mutevolezza della società che vive in un completo e buffo disagio.

La differenza tra diventare vecchi e crescere

“Ho cominciato ad avere attacchi di ipocondria. Mi preoccupavo sempre per questi forti mal di testa e il mio medico era solito riderci su. Ad un certo punto però ha cominciato a prendermi sul serio ed a propormi vari esami, di fare una risonanza magnetica o altro. E tu hai voglia di dire solo: “Ma no stavo scherzando! Penso di sentirmi già molto meglio.”. In questo anedotto che Baumbach è solito raccontare si cela tutta la filosofia del suo cinema costruita sulle ali della commedia dal retrogusto amaro che arriva solo alla fine, quando allo spettatore non rimane che riflettere sul tempo che passa e su quale è stato il proprio contributo alla vita fino a quel momento. Si combatte incessantemente contro le aspettative degli altri rispetto all’età ed alla maturità di cui i personaggi protagonisti di solito denunciano la mancanza e di cui il regista stesso si sente intrappolato quando rivela il grande debito verso gli anni del postmodernismo e dei film di Godard. Piccole pillole di filosofia che si fanno sempre più centrate ad ogni nuovo film di una cinematografia a cui presto si aggiungerà il nuovo Mistress America, di nuovo con Greta Gerwig, di nuovo di fronte ad un conflitto generazionale.

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